La tradizione legata alle bambole, in Giappone è antichissima. Nate per una funzione religiosa e protettiva, le più antiche sono le piccole statuette d’argilla chiamate Dogu e le statuette funerarie Haniwa.
Ci sono poi Amagatsu e Hoko, rappresentanti un uomo e una donna, ritrovate in uno scavo archeologico. Indossano i loro kimono di seta e sono le prime bambole “da gioco”. Risalgono al periodo Heian (794-1192) e sono diventante oramai un simbolo nazionale. Sappiamo che esistevano bambole per giocare in questo periodo anche dal primo romanzo  “moderno”, capolavoro della letteratura giapponese, scritto intorno all’anno 1000 dalla dama di corte Murasaki Shikibu.

In La storia di Genji (in Italia edito da Einaudi) ci sono bambine che giocano con bambole e case di bambola e leggiamo di bambole protettive e per funzioni religiose.
In Giappone l’ Hinamatsuri, la Festa delle bambole o delle bambine si festeggia il 3 marzo. Le O-hina vengono posizionate su una speciale piattaforma a gradini. Già dal periodo Heian si credeva che le bambole potessero assorbire malattie e spiriti maligni e con una cerimonia, hina-nagashi (bambola fluttuante) alcune bambole di paglia venivano lasciate andare sul letto di un fiume, perché portassero via con loro mali e negatività. Così anche oggi le bambole ricevono e accolgono la sfortuna, in modo che le bambine possano crescere sane e belle. Il tutto va contestualizzato in una cultura dove prevale lo scintoismo e quindi anche le bambole, come altri oggetti, hanno uno spirito e un’anima.
Le bambole tradizionali sono di diversi tipi e materiali: stoffa, carta, ceramica e legno. Per un approfondimento sulle varie tipologie, vi consiglio il sito Antique Japanese dolls di Alan Scott Pate, dove avrete modo di scoprire e stupirvi a profusione.
Io invece vi racconto un po’ di storie di bambole giapponesi, a partire da quella che mi ha ispirato questo post.


Bompiani ci ha infatti regalato, nella collana AsSaggi di narrativa, un prezioso volumetto della famosa scrittrice inglese Rumer Godden. Si legge in un soffio, la storia di Fiore e Felicità, le due piccole bambole giapponesi che desiderano incontrare una bambina intelligente e premurosa. Finiscono per appartenere a Nona Fell, che dall’India si deve ambientare in Inghilterra, in una casa e in una famiglia a lei sconosciute. Le due bambole desiderano una vera dimora e i desideri sono potenti. Attraverso la costruzione di casa giapponese, a misura di bambola, Nona ritrova il sorriso, la sicurezza, la serenità, la voglia di giocare. La sua nuova famiglia partecipa attivamente alla costruzione, con spirito e mani. Durante la lettura, insieme a Nona impariamo tutto sulla casa e sulle tradizioni del Giappone e ci affezioniamo a Fiore e Felicità, ai loro deliziosi kimono, alle loro personalità differenti.

Mi è bastato digitare qualche magica parolina su Pinterest per trovare le copertine delle edizioni originali e altre meravigliose suggestioni, come  la casa di bambole realizzata in legno di ciliegio e betulla da Russel Mcrae, sulla base del progetto che si trova nel racconto.

Oppure l’immagine di un astuccio giapponese in legno, elemento fondamentale per la casa dei sogni di Fiore e Felicità.

Dalla descrizione (i volti e le mani di gesso bianco, i corpi di pezza, gli occhi come due fessure di vetro nero) sembra che le due bamboline fossero delle Ichimatsu ningyo o Furisode ningyo.

Fiore e Felicità vengono spedite in Inghilterra da San Francisco. In America queste bambole erano conosciute, nel 1926 infatti più di 12.oo0 bambole occidentali vennero raccolte dai bambini americani e spedite in Giappone, come dimostrazione di amicizia internazionale. I bambini giapponesi fecero una raccolta, mettendo da parte i loro “candy money” per far realizzare 58 Torei ningyo (bambole ambasciatrici) da spedire in USA. Erano grandi, 81 cm di altezza, e vestite in bellissimi kimono.



Una bambola di questo tipo si trova sulla copertina di Shirley Temple Story Book del 1935, riuscite a vederla?  L’ho scovata in questa pagina dove trovate anche altre foto della piccola diva con bambole giapponesi. Il sito di Judy Shoaf visitatelo tutto, contiene molti articoli e tante notizie per approfondire il mondo delle bambole giapponesi.

Le bambole O-hina per la Festa delle bambine, di cui abbiamo parlato prima, sono invece protagoniste di due storie molto differenti.

The Doll’s day of Yoshiko della grande Momoko Ishii, racconta del desiderio di Yoshiko, che queste bambole, possedute da tutte le bambine giapponesi, non le hai mai avute. Quelle di sua madre, che avrebbe dovuto ereditare, sono andate distrutte e ora sembra che nessuna bambola possa essere all’altezza di quel tesoro perduto.

Ma Yoshiko si accontenterebbe, vorrebbe avere le “sue” bambole O-hina, anche se non sono meravigliose come quelle che abitano i ricordi di infanzia di sua madre. Alla fine l’ Hinamatsuri sarà festeggiata anche a casa di Yoshiko, ma con bambole tutte speciali, fatte dalle mani e dall’amore della mamma.

In Himetsu, himetsu no Hinamatsuri (Segreto segreto di Hinamatsuri – ひみつ ひみつの ひなまつり) di Mami Suzuki, edito da Kodansha, Ei-chan sente un rumore provenire dall’ o-shire (l’armadio ad ante scorrevoli dove vengono conservati i futon e altri oggetti).


Una piccola spada sta aprendo una fessura su una delle scatole dove vengono conservate le bambole O-hina
La bambina, dovrà aiutare il principe e la principessa in una serie di gare, fino al momento di festeggiare insieme la Festa delle bambole.

Un altro tipo di bambola tradizionale è la Kokeshi, conosciuta anche qui in Italia. Originarie del Tōhoku, diventarono talmente famose nel ‘900 da ispirare la prima matrioska. Si tratta di una bambola senza braccia o gambe, in legno, costituita da un cilindro per il corpo e una testa sferica. Ce ne sono due tipi, le tradizionali ( dentō-kokeshi – 伝統こけし)

e le creative (shingata-kokeshi- 新型こけし), che sono arrivate anche da noi.

Queste ultime sono le protagoniste di una serie di libri di Annelore Parot, editi da Milan Jeunesse.


Con un sapiente uso delle texture tradizionali giapponesi e un appeal tutto moderno, l’illustratrice è stata in grado di creare un universo kawaii in cui le bamboline sono protagoniste e attraverso cui i bambini possono conoscere anche un poco le tradizioni giapponesi.


La produzione è stata estesa anche a libri gioco, cancelleria e giochi da tavolo, come ad esempio quello classico delle 7 famiglie che ha ovviamnente una deliziosa confezione a forma di bambolina Kokeshi.

In Italia li possiamo leggere grazie a Franco Cosimo Panini.

Chiudiamo con alcuni video sulla creazione artigianale delle bambole giapponesi che avete conosciuto oggi su Kira Kira.

http://www.youtube.com/watch?v=lGD_bSrrOkc